giovedì 1 maggio 2008

IL MONDO INCANTATO DI DON NANNI GUISO


Orosei sorge sulla piana del Cedrino ai piedi del monte Tuttavista, dando il nome all’omonimo golfo situato sulla costa centro-orientale della Sardegna. E’ facilmente raggiungibile tramite l’orientale sarda che la collega al porto Isola Bianca e all’aeroporto Costa Smeralda di Olbia. Il paese, che conta più di 6000 abitanti, conserva ancora molti aspetti affascinanti di architettura rurale, come ad esempio le vecchie case con rustici archi e sottopassaggi, o gli antichi palazzi nobiliari. L’economia, un tempo prevalentemente agricola, oggi è basata sul turismo, infatti, le strutture ricettive sono in grado di soddisfare le svariate esigenze di chi decide di scegliere Orosei come meta delle vacanze. Non mancano occasioni di svago e arricchimento culturale ed eno-gastronomico. Gli abitanti si distinguono per l’ospitalità e l’operosità. L’attività estrattiva, inoltre, ha portato il marmo di Orosei a difendere il marchio italiano nel mondo. A Orosei, nel centro storico, il museo degli antichi teatrini Palcoscenici in miniatura risalenti al ‘700. Don Nanni Guiso, ultimo nobile delle Baronie, ricordava sempre quel giorno che gli cambiò la vita. «Avevo dieci anni quando, ospiti dei miei, arrivarono alcuni aristocratici austriaci per una battuta di caccia in Sardegna. Mi portarono in dono un prezioso teatrino bianco e oro, di stile neoclassico, con le marionette di porcellana. Erano tutti i personaggi de Il Trovatore , vestiti con abiti sontuosi e biancheria raffinata. Quel giorno, per me, cominciò tutto…». Cominciò la passione del collezionista di palcoscenici lillipuziani che, fino alla morte avvenuta un anno fa, ha raccolto pazientemente i modellini teatrali - i più antichi risalgono al Settecento - scovati in giro per il mondo. Teatrini di legno dipinto, di gesso dorato, di carta incollata su cartone, di ebano intagliato, di ferro laccato. Una raccolta assolutamente unica in Italia (altrove ci sono musei del giocattolo, delle case di bambola, delle marionette, dei burattini), trentasette pezzi in mostra a Orosei, nel palazzo secentesco del Museo Nanni Guiso. Qui, nell’edificio (ristrutturato da Vittorio Gregotti) che fino agli inizi del Novecento ospitava la caserma dei Reali Carabinieri, c’è l’esposizione più fiabesca che un visitatore di musei possa immaginare. Tutto il mondo di don Nanni che, pur essendosi trasferito a Siena - dove aprì lo studio di notaio, si appassionò al restauro di opere d’arte e fu grande mecenate - non dimenticò mai il suo paese. Così, dopo aver donato i soldi per la ristrutturazione della chiesetta pisana di Santa Maria ‘e Mare che stava cadendo a pezzi, l’ultimo aristocratico di Orosei ha fatto un regalo più grande. «Voglio donare tutta la mia collezione - annunciò - perché nasca un museo diverso, di cultura e divertimento». Venne inaugurata nel 2000, la struttura che accoglie l’esposizione. Oltre ai teatri in miniatura, don Guiso donò al Comune i disegni della Scuola Romana (da Mafai a Scipione) e alcuni mobili e dipinti della scuola senese; la raccolta di libri antichi (dalle enciclopedie ottocentesche sulla flora sarda, alle prime edizioni dei romanzi di Grazia Deledda) compresa - pezzo preziosissimo - la Costituzione di Papa Sisto V, Contra sos chi esercitan s’Arte de s’Astrologia . Un testo unico al mondo, risalente al 1587, scritto in lingua sarda in un momento storico in cui la legge imponeva agli ecclesiastici l’uso del latino.Tra le sale più visitate quella dedicata ai costumi d’epoca e agli abiti da sera. Una delle tante fisse estetiche di don Nanni, che imparò ad amare fin da bambino le stoffe preziose e l’armonia dei colori. Negli Anni Trenta, la madre donna Concetta Guiso commissionava ai più grandi costumisti il disegno e la confezione degli abiti di Carnevale per i due figli (uno addirittura finì su Il mondo di Pannunzio, come esempio di gusto fascista); mentre la nonna, donna Antonietta Satta, si serviva dai sarti più affermati. L’intera collezione di alta sartoria sta all’ultimo piano del museo: ci sono i costumi del Carnevale dell’infanzia e l’abito della nonna, seta mauve e viola, passamaneria e fiocchi, moda dell’ultimo ventennio dell’Ottocento, quando sotto il corsetto andava il busto di stecche di balena. Ci sono tre splendidi modelli firmati dalle sorelle Callot, sarte russe con atelier a Parigi, regine dell’Haute Couture in epoca Liberty, che vestirono tra le altre anche l’imperatrice Sissi. E poi, accanto al mantello nero di Rudolf Nureyev - che la notte di San Silvestro del 1980, nella villa L’Apparita di Siena, fu ospite di don Nanni - ci sono gli abiti che il collezionista di Orosei si fece donare dalle sue amiche aristocratiche. C’è un Dior del 1955, piena epoca New Look, in chiffon rouille Horloges, con cinque gonne sovrapposte; uno splendido rosso Valentino; un Gigliola Curiel nero, crepe di seta e organza, e poi mises Capucci, Versace, Schubert, Patou. Una piccola stanza della moda, che ripercorre le evoluzioni del gusto e dell’estetica del vestire femminile fino ai giorni nostri.«I miei teatrini? Li ho voluti donare per i bambini: è a loro che dedico questa collezione», diceva don Nanni Guiso. Erano lo specchio della sua infanzia e poi dell’amore per l’opera e il melodramma. Ricordava sempre il giorno in cui gli amici del padre arrivati da Vienna gli regalarono il primo palcoscenico in miniatura, e raccontava del viaggio a Bruxelles - lui ragazzino, accompagnato dai genitori che assecondavano la sua passione - dove scoprì il Teatro di Toone, «atmosfera paesana, fumosa di pipe e sigari, i muri scrostati, le panche scavate dall’uso e malferme nella minuscola platea, e soprattutto la semplicità e i soli tre fili delle marionette». Cominciò così a cercare e raccogliere, durante i suoi viaggi, i teatrini più preziosi e particolari. Splendido quello veneziano, legno e gesso, risalente alla metà del Settecento, con le marionette in ferro di Pantalone e Colombina che si muovono grazie a un congegno a manovella. E prezioso è, tra tanti pezzi in esposizione, il Reale Teatro dei Poltroni , di fattura fiorentina, prima metà dell’Ottocento, che riproduce il sipario del Teatro Argentina di Roma, distrutto in un rogo, e una scena del Don Carlos di Verdi. C’è poi il teatrino, che arriva dalla Germania, con l’allestimento del salotto di Manon Lescaut: le poltrone dorate, gli argenti di Tiffany, le porcellane cinesi, la stufa in ceramica, le cornici intagliate a mano dagli artigiani della Bottega Bartolozzi e Maioli di Firenze, e il proscenio decorato con una preziosa guarnizione ottocentesca. Trentasette pezzi, alti tra i cinquanta centimetri e il metro, tutti da vedere per conoscere un’arte ormai dimenticata e un mondo - quello della piccola manifattura legata alla riproduzione in scala - che quasi non esiste più. Don Nanni Guiso ha inseguito per tutta la vita il suo mondo incantato e alla fine l’ha voluto raccontare.

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